CADUTA DA INCIAMPO IN UN TOMBINO SI PUO’ ESSERE RISARCITI
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Capita di inciampare in una sconnessione del marciapiede e di finire a terra.

La caduta può essere priva di conseguenze fisiche, ma può provocare lesioni anche di una certa gravità.

La differenza è sensibile, perché una semplice scivolata genera di regola il solo disappunto, mentre una caduta rovinosa, e soprattutto le eventuali lesioni fisiche, possono determinare l’infortunato a chiedere il risarcimento dei danni causati dall’evento dannoso.

In linea generale, la responsabilità per la corretta manutenzione delle strade e dei marciapiedi incombe in capo all’ente che ne è proprietario, e quindi al comune, piuttosto che alla provincia o allo stato.

E’ l’art. 2051 del codice civile a stabilire che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

Nell’applicazione pratica del principio si pone però il problema di individuare quando si concretizza il caso fortuito capace di escludere la responsabilità del proprietario per le lesioni subite dalla vittima delle sconnessioni del fondo stradale.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha preso in esame, di recente, il caso di un pedone che, nel percorrere un ampio marciapiede, era inciampato nel dislivello di un tombino, riportando lesioni personali per le quali aveva chiesto un cospicuo risarcimento.

Il Tribunale di Milano aveva accolto la domanda del pedone, condannando il Comune al pagamento della somma di circa euro 48.000,00.

La Corte di Appello aveva invece ribaltato la decisione, respingendo la richiesta risarcitoria, motivo per cui il pedone aveva proposto ricorso innanzi la Corte di Cassazione.

Con la interessante ordinanza n. 11794 del 12 aprile 2022, la Corte ha posto in evidenza come il caso fortuito possa sostanziarsi anche nella mancanza di attenzione da parte dell’infortunato, il quale, pur in presenza di un ostacolo sul proprio cammino, ha pur sempre il dovere di osservare un adeguato livello di cautela per scongiurare ogni possibile pericolo evitando l’ingombro.

Nel caso specie, le risultanze istruttorie avevano chiarito che l’infortunato era inciampato nel leggero dislivello di un tombino che insisteva su un ampio marciapiedi, ben visibile, ben illuminato dalla luce del mattino ed in assenza di condizioni atmosferiche particolari che potessero renderlo scivoloso.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso dell’infortunato, ha perciò affermato che la condotta del danneggiato aveva escluso ogni legame causale tra il fatto e l’evento dannoso, ed ha assolto la condotta dell’ente proprietario del manto stradale da qualsiasi addebito.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, secondo quanto dispone l’art. 1227 del codice civile, il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.In definitiva la Corte ha chiarito che il collegamento causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso può essere interrotto ogni qual volta il pericolo possa essere avvertito e previsto con l’adozione delle normali cautele, in ossequio al dovere di autoresponsabilità che incombe su ogni cittadino.

Pertanto, ogni qualvolta l’infortunato abbia omesso ogni cautela richiesta dalle circostanze di tempo e di luogo, inciampando a causa esclusivamente della propria disattenzione, si verifica la rottura del nesso eziologico di cui all’art. 2051 codice civile, e conseguentemente non è dovuto alcun risarcimento.


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