La Cassazione chiarisce gli oneri probatori nelle cessioni bancarie e di cartolarizzazione
Le recenti pronunce della Cassazione Civile, Prima Sezione (ordinanze nn. 23834, 23849 e 23852 del 2025) hanno affrontato una questione di crescente rilevanza nella prassi bancaria e finanziaria: quale sia l’onere probatorio che grava sul cessionario di crediti ceduti in blocco quando deve dimostrare la propria legittimazione ad agire per il recupero.
La problematica emerge frequentemente nelle procedure giudiziali, dove società specializzate nella gestione di crediti deteriorati si trovano a dover provare di essere effettivamente titolari dei diritti che intendono far valere contro i debitori.
I principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità
La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1993 ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione, fornendo così la prova documentale della propria legittimazione sostanziale.
Questo principio si applica tanto alle cessioni disciplinate dal Testo Unico Bancario quanto a quelle regolate dalla legge sulla cartolarizzazione dei crediti (l. 130/1999), strumenti normativi che consentono il trasferimento “in blocco” di interi portafogli creditizi.
La giurisprudenza consolidata ha chiarito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie.
Quando la cessione in blocco non basta
Un aspetto particolarmente delicato emerge quando la cessione non riguarda l’intero patrimonio creditizio del cedente, ma solo categorie specifiche di crediti. In questi casi, come evidenziato dalla Cass. civ. Sez. I, n. 23852/2025, la semplice cessione in blocco di crediti aventi una certa connotazione non esonera il cessionario dalla prova che la singola posizione creditoria sia oggetto dell’atto dispositivo, non essendo sufficiente la sola esistenza di un contratto di cessione in blocco.
La Corte ha precisato che è applicato correttamente il principio della ripartizione dell’onere probatorio quando si impone al cessionario di dimostrare non solo che le posizioni creditorie siano ricomprese nel perimetro dei crediti ceduti, ma anche che le stesse non fossero incluse tra quelle espressamente escluse dal provvedimento di cessione.
L’insufficienza della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
Particolare attenzione merita la questione relativa alla pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale. La Cassazione ha stabilito che in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, la notificazione della cessione mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente per provare l’esistenza dei contratti ceduti, dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto.
L’avviso di pubblicazione può rivestire un valore meramente indiziario, specialmente quando avvenuto su iniziativa della parte cedente, ma non costituisce prova definitiva dell’inclusione del singolo credito nel perimetro della cessione.
Le implicazioni pratiche per operatori e debitori
Queste pronunce hanno rilevanti implicazioni operative per tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni di cessione. Le società cessionarie devono predisporre una documentazione probatoria rigorosa che dimostri chiaramente l’inclusione di ogni singolo credito nell’operazione di trasferimento, non potendo fare affidamento sulla sola esistenza del contratto quadro di cessione.
Dal lato dei debitori, emerge la possibilità di contestare efficacemente la legittimazione del cessionario quando questo non riesca a fornire prova specifica dell’avvenuto trasferimento. Il mero possesso da parte del cessionario della documentazione relativa al credito non equivale a dimostrare l’effettiva titolarità del diritto.
La giurisprudenza ha inoltre chiarito che chi subisce l’azione di adempimento di un’obbligazione non è tenuto ad individuare il proprio creditore, ribaltando alcune tesi che volevano attribuire al debitore l’onere di verificare la legittimazione del soggetto agente.
Conclusioni operative
Le recenti decisioni della Cassazione rappresentano un importante chiarimento sulla ripartizione degli oneri probatori nelle cessioni di crediti in blocco, settore in costante espansione nel panorama finanziario italiano. La Corte ha confermato l’applicazione rigorosa dei principi generali in materia di prova, ribadendo che spetta sempre a chi agisce in giudizio fornire la dimostrazione della propria legittimazione sostanziale.
Per le aziende che operano nel settore del credit management, queste pronunce impongono una maggiore attenzione nella gestione della documentazione probatoria e nella verifica della completezza degli atti di cessione ricevuti dai cedenti.
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