Cinture di sicurezza non allacciate: quando il passeggero concorre alla propria lesione

La Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità del conducente in caso di mancato uso dei dispositivi di protezione da parte del trasportato

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 23691/2021 pubblicata il 3 ottobre 2025, torna a pronunciarsi su una questione di rilevante interesse pratico: quali conseguenze comporta il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del passeggero ai fini della responsabilità risarcitoria dopo un incidente stradale? La risposta della Terza Sezione Civile offre importanti indicazioni per comprendere come vengono ripartite le responsabilità quando il danneggiato ha omesso di adottare le basilari misure di autoprotezione previste dal Codice della Strada.

La vicenda trae origine da un sinistro stradale avvenuto il 14 ottobre 2009, nel quale un passeggero trasportato su un veicolo ha riportato gravi lesioni personali in seguito a una collisione. Il danneggiato ha quindi agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti, lamentando di aver riportato lesioni consistite in trauma cranico, frattura delle ossa nasali, trauma distorsivo alla caviglia e distrazione delle rachidi cervicale. Il dato centrale della controversia, tuttavia, non riguardava tanto la dinamica del sinistro quanto un elemento apparentemente secondario ma di fondamentale importanza: al momento dell’impatto, il passeggero non indossava la cintura di sicurezza.

Il primo giudice aveva respinto la domanda risarcitoria, mentre la Corte d’Appello di Roma, chiamata a riesaminare la questione, ha invece operato una diversa valutazione, riconoscendo che i comportamenti negligenti di entrambi i conducenti dovessero trovare spazio nella dinamica complessiva dell’evento dannoso. Il giudice di secondo grado ha quindi ritenuto che la responsabilità della collisione dovesse essere ripartita nella misura del cinquanta per cento tra i due veicoli coinvolti, pur rilevando che la causa unica ed esclusiva delle lesioni patite dal passeggero andasse ascritta al mancato uso della cintura di sicurezza da parte dello stesso.

Avverso questa decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su cinque motivi. La Suprema Corte ha dichiarato infondati i primi quattro motivi, che denunciavano violazioni procedurali e di merito relative all’omessa consulenza tecnica d’ufficio, all’individuazione delle lesioni e al rigetto della domanda risarcitoria nonostante il concorso di colpa riconosciuto. Su questi aspetti, la Cassazione ha ribadito alcuni principi consolidati.

In primo luogo, ha chiarito che il giudice di merito non è vincolato alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio quando si tratta di risolvere questioni di natura tecnica o scientifica. Il principio del “iudex peritus peritorum”, sancito dalla giurisprudenza costante della Corte, comporta che il giudice possa ricorrere alle conoscenze specialistiche acquisite attraverso studi o ricerche personali, oppure esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, per poi eventualmente disattenderne le argomentazioni o sostituirle con proprie diverse valutazioni. Ciò che rileva è che tale operazione sia supportata da motivazioni adeguate e non contraddittorie.

Quanto alla questione della compatibilità tra le lesioni riportate e il mancato uso delle cinture di sicurezza, la Corte ha rilevato che costituisce circostanza di notoria comune conoscenza il fatto che un soggetto presente sul sedile anteriore di un autoveicolo possa essere gravato da lesioni al setto nasale anche quando non ha allacciato la cintura di sicurezza. Il giudice d’appello aveva quindi correttamente escluso che le lesioni si sarebbero comunque prodotte anche in presenza di un regolare allaccio della cintura.

Il cuore della decisione riguarda però il quinto motivo di ricorso, che la Cassazione ha accolto. Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse rigettato la domanda risarcitoria nonostante avesse riconosciuto un concorso di colpa del trasportato solo minoritario, negando integralmente il risarcimento in un contesto in cui la compagnia assicuratrice aveva richiesto la concorsualità. La censura è stata ritenuta fondata.

La Suprema Corte ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza secondo cui, qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione o omissione non solo del trasportato ma anche del conducente, il quale prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle norme di prudenza e sicurezza, si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo. In particolare, quando tra i soggetti coinvolti si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro e accettazione dei relativi rischi, emerge una cooperazione nell’azione produttiva dell’evento dannoso.

Solo in tale situazione può ritenersi risarcibile, a carico del conducente del veicolo antagonista, la responsabilità verso terzi ex art. 2054 cod. civ., tenuto conto che il comportamento del passeggero nell’ambito della cooperazione ipotizzata non può valere a interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente e il danno, né a integrare un valido consenso alla lesione ricevuta. La giurisprudenza costante ha chiarito che il pregiudizio all’integrità fisica subito dal trasportato in conseguenza dell’incidente non può valere a interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, come già affermato da Cass. Sez. 3, ord. n. 11095 del 2020.

Diversa è però la fattispecie in esame, nella quale la pretesa risarcitoria si indirizza esclusivamente nei confronti del proprietario e conducente del veicolo antagonista, unico convenuto in giudizio. In questo caso, la condotta colposa ascritta al danneggiato e consistente nel mancato uso della cintura di sicurezza, condotta alla quale il convenuto è rimasto per definizione estraneo, può esaurire l’intera efficienza causale del danno subito, a condizione che sia dimostrato in base a un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede che l’impiego di tale strumento di protezione avrebbe neutralizzato le conseguenze del sinistro.

Assumendo che, sulla base della consolidata giurisprudenza richiamata dalla stessa Corte, il mancato uso della cintura di sicurezza qualora accertato e dimostrato dal vettore o dalla sua compagnia non possa considerarsi concausa delle lesioni subite, ma può dare adito a un concorso di colpa minoritario del danneggiato, la Cassazione ha censurato la decisione del giudice d’appello. Quest’ultimo aveva riconosciuto una corresponsabilità di chi ha causato il sinistro nella misura dell’ottanta per cento e del settantacinque per cento, ponendo quindi la residuale quota minoritaria a carico del trasportato per via della propria negligenza nel non indossare le cinture di sicurezza, senza però riconoscere alcun risarcimento al danneggiato.

Tale approdo è stato ritenuto dalla Suprema Corte in contrasto con i principi sopra esposti. La Corte ha infatti citato Cass. Sez. 3, ord. 30 gennaio 2019, n. 2531, secondo cui il mancato uso della cintura di sicurezza non può ritenersi causa esclusiva delle lesioni riportate dal passeggero.

Nella sua decisione finale, la Corte ha quindi accolto parzialmente il ricorso limitatamente al quinto motivo, cassando la sentenza impugnata in relazione a tale profilo e decidendo nel merito. Ha condannato la società assicuratrice controricorrente a corrispondere al danneggiato le spese del giudizio di primo grado, compensando nella misura del cinquanta per cento le spese del giudizio d’appello e quelle della Cassazione per il parziale accoglimento del ricorso.

Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sul piano pratico. In primo luogo, ribadisce che il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del passeggero non costituisce di per sé una causa idonea a escludere completamente la responsabilità del conducente del veicolo che ha causato il sinistro. Tale comportamento può certamente dare origine a un concorso di colpa, ma questo concorso deve essere valutato in termini minoritari rispetto alla responsabilità principale di chi ha provocato la collisione. La vittima di un incidente stradale che non indossava le cinture mantiene quindi il diritto al risarcimento, sia pure ridotto in proporzione alla propria quota di responsabilità.

Sul piano più generale, la sentenza conferma l’orientamento secondo cui l’obbligo primario di garantire la sicurezza della circolazione grava innanzitutto sul conducente del veicolo. Prima di iniziare o proseguire la marcia, questi deve controllare che la circolazione avvenga in conformità delle norme di prudenza e sicurezza previste dal Codice della Strada. Tra questi obblighi rientra anche la verifica che i passeggeri abbiano allacciato le cinture di sicurezza. Quando tale controllo viene omesso e si forma una sorta di consenso tacito alla circolazione in condizioni di insicurezza con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro, si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto dannoso che non esclude però la responsabilità principale di chi era alla guida.

Dal punto di vista della tutela dei diritti delle vittime della strada, questa pronuncia conferma che chi subisce un danno in un incidente stradale mantiene un diritto al risarcimento anche quando non ha adottato tutte le misure di autoprotezione previste dalla legge, come appunto l’utilizzo delle cinture di sicurezza. Tuttavia, tale diritto viene ridimensionato in proporzione al grado di responsabilità personale nella causazione o nell’aggravamento del danno. Si tratta di un’applicazione del generale principio del concorso di colpa del danneggiato previsto dall’art. 1227, comma 1, cod. civ., secondo cui il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.

Per chi si trova coinvolto in situazioni analoghe, la sentenza offre indicazioni chiare. Se siete rimasti feriti in un incidente stradale mentre viaggiavate come passeggeri senza cinture di sicurezza, conservate il diritto di chiedere il risarcimento dei danni al responsabile della collisione. Tuttavia, dovete mettere in conto che il giudice potrà riconoscere un concorso di colpa a vostro carico, con conseguente riduzione dell’importo risarcibile. L’entità di questa riduzione dipenderà dalle circostanze concrete del caso e in particolare dalla valutazione tecnica circa l’incidenza che l’utilizzo delle cinture avrebbe avuto nel prevenire o limitare le lesioni effettivamente riportate.

D’altra parte, se siete conducenti di un veicolo e trasportate passeggeri, non potete limitarvi a presumere che questi abbiano allacciato le cinture di sicurezza. Avete l’obbligo giuridico di verificare che tutti i dispositivi di protezione siano correttamente utilizzati prima di mettervi in marcia. In caso contrario, rischiate di essere chiamati a rispondere in solido con il responsabile dell’eventuale sinistro per i danni subiti dai vostri passeggeri, con tutte le conseguenze patrimoniali che ne derivano sia in termini di responsabilità civile che di copertura assicurativa.

La vicenda evidenzia infine l’importanza di un’adeguata istruttoria probatoria nelle controversie relative agli incidenti stradali. L’accertamento del mancato uso delle cinture di sicurezza e soprattutto della correlazione causale tra tale omissione e le lesioni riportate richiede spesso l’ausilio di consulenze tecniche specialistiche. Come chiarito dalla Cassazione, il giudice non è vincolato alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio ma può disattenderle sulla base di proprie valutazioni, purché adeguatamente motivate. Tuttavia, nelle controversie di questa natura resta fondamentale acquisire agli atti tutti gli elementi probatori utili a dimostrare la dinamica del sinistro, l’uso o meno dei dispositivi di sicurezza e il nesso causale tra i comportamenti tenuti dalle parti e i danni verificatisi.

In conclusione, la pronuncia della Cassazione ribadisce un equilibrato bilanciamento tra la responsabilità primaria di chi causa un incidente stradale e il dovere di autoprotezione che grava su ciascun utente della strada. Il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza non esclude il diritto al risarcimento ma comporta una riduzione proporzionale dello stesso, secondo i principi del concorso di colpa del danneggiato. Si tratta di un orientamento consolidato che mira a responsabilizzare tutti i soggetti coinvolti nella circolazione stradale, nella consapevolezza che la sicurezza è un obiettivo che richiede la collaborazione attiva di conducenti e passeggeri.


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