IL FONDO PATRIMONIALE TUTELA DAI CREDITI FUTURI
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In tantissimi scelgono di porre al riparo i propri beni ricorrendo alla costituzione di un fondo patrimoniale, mediante un atto pubblico notarile, ma la decisione non si rivela sempre efficace.

Nell’immaginario collettivo questo istituto garantirebbe dal rischio di pignoramento degli immobili o dei veicoli, mentre le pronunce giudiziarie spesso giungono a conclusioni ben diverse da quelle sperate.

Secondo l’articolo 167 del codice civile, “Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia”.

L’effetto più noto – ed evidentemente più ricercato – della costituzione dei beni familiare in un fondo patrimoniale è che ai creditori è impedito di aggredirli esecutivamente, se non per i debiti contratti per le esigenze familiari.

In generale la costituzione del fondo può essere impugnata, con l’azione revocatoria, dai creditori che vantavano già in precedenza un diritto nei confronti del proprietario dei beni conferiti, i quali possono dolersi della sottrazione alla esecuzione forzata del patrimonio destinato alle esigenze familiari.

Molto più interessante è però il caso in cui decida di agire in giudizio un creditore il cui diritto sia sorto solo successivamente alla costituzione del fondo patrimoniale.

Lo spunto è fornito da una recente decisione della Corte di Cassazione, alla cui attenzione era sottoposto un caso in cui il fondo patrimoniale era stato costituito ben due anni prima della contrazione del debito.

A ricorrere ai giudici di legittimità era stato proprio il debitore, che ritenendo di aver posto al riparo i propri beni molto prima dell’insorgenza dell’obbligazione, aveva lamentato una violazione di legge, da parte della Corte di Appello di Catania, che aveva riformato la sentenza resa in precedenza dal Tribunale etneo, accogliendo l’azione revocatoria proposta dai creditori insoddisfatti contro la costituzione del fondo patrimoniale.

Secondo il ricorrente, il fatto che il fondo era stato costituito molto tempo prima dell’insorgenza del debito avrebbe dovuto escludere che l’atto di destinazione dei beni fosse preordinato alla elusione degli impegni nei confronti di quei creditori che non erano ancora da qualificarsi come tali.

Di diverso avviso si è mostrata invece la Corte di Cassazione, che con l‘ordinanza n. 11485 dell’8 aprile 2022 ha respinto le doglianze del debitore ricorrente, rilevando che l’intento fraudolento del debitore, rispetto alle obbligazioni che possono essere assunte in futuro, può desumersi anche dal fatto che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, per le circostanze di fatto in cui esso è stato convenuto, non risulti giustificato – come nel caso di specie – dalla effettiva necessità di soddisfare i bisogni della famiglia.

La inesistenza di una esigenza sostanziale di destinare i beni alle necessità familiari può essere ricavata dal contesto di fatto, anche grazie al ricorso alle presunzioni, con un apprezzamento, riservato al giudice del merito, che è poi incensurabile in sede di legittimità, se viene motivato adeguatamente.

La decisione ribadisce un orientamento che i giudici di legittimità esprimono in maniera conforme da molti anni, sicché prudenza consiglia di formalizzare la costituzione di un fondo patrimoniale solo in presenza di circostanze oggettive e dimostrabili che possano giustificare, ex post, la effettiva esigenza di destinare i beni alla soddisfazione delle esigenze familiari.


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