SI PUO’ LICENZIARE IL LAVORATORE CON HANDICAP PER IL SUO SCARSO RENDIMENTO
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Il dipendente era affetto da una malattia che lo rallentava nello svolgimento del lavoro, e perciò l’azienda, per agevolarlo, aveva ridotto le mansioni che gli erano state affidate, alleggerendolo di alcuni compiti, assegnandogli anche un’autovettura aziendale con dispositivi speciali.

Cinque anni più tardi, però, la prolungata ripercussione delle condizioni fisiche del lavoratore sull’andamento della produzione aveva indotto il presidente del consiglio di amministrazione a sollecitare il direttore generale a procedere al licenziamento del dipendente per sostituirlo con altro “più capace”.

Pochi mesi dopo, il direttore aveva licenziato il lavoratore affetto da handicap, ma non aveva assunto nessun altro dipendente in sua sostituzione.

Ma l’email inviata dal presidente del CDA al direttore generale, con cui si suggeriva di procedere al licenziamento, era giunta nelle mani del lavoratore, che, a questo punto, aveva impugnato il licenziamento perché discriminatorio, dato che gli era stato comminato in ragione ed in dipendenza della sua minorazione.

L’azienda resisteva in giudizio contestando proprio la natura discriminatoria del licenziamento, alla luce del lungo tempo trascorso dall’insorgenza della malattia invalidante e della mancata sostituzione del dipendente espulso con altra unità che ne avesse preso il posto.

Condividendo le ragioni dell’azienda, il tribunale aveva rigettato il ricorso del lavoratore, mentre la Corte di Appello di Milano aveva poi ribaltato la decisione, ritenendo che il contenuto della email inviata al direttore generale rivelasse la vera ragione del licenziamento, indipendentemente dal lungo tempo trascorso dall’insorgenza della malattia e dalla mancata sostituzione del lavoratore, come invece richiesta dai vertici aziendali.

La datrice di lavoro impugnava la sentenza di appello innanzi alla Corte di Cassazione, che ha espresso infine la propria valutazione, sulla delicata questione, con l’ordinanza n. 30971 del 20.10.2022, rigettando le doglianze dell’azienda, e confermando quindi l’annullamento del licenziamento.

I giudici di legittimità hanno ritenuto, infatti, che la ragione del recesso non poteva che essere collocata in stretta dipendenza con la strategia indicata dal CDA nella e-mail trasmessa al direttore generale, a nulla rilevando invece né il tempo trascorso da quando era insorta la malattia e nemmeno le diverse agevolazioni concesse al lavoratore prima del licenziamento.

La Cassazione ha disatteso così la censura mossa dalla datrice di lavoro circa la prevalenza di diverse ragioni di carattere organizzativo, che avrebbero fondato la decisione presa nei confronti del lavoratore, valutate dalla corte come secondarie rispetto alla ragione discriminatoria.

In definitiva, per i giudici di legittimità, la mancata sostituzione del lavoratore licenziato o il lungo tempo trascorso tra l’insorgenza della malattia, non escludono la natura discriminatoria soggettiva del licenziamento, quando esso è comunque irrogato in ragione dello status di handicap del dipendente.



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