Il videocollegamento sostituisce le key box: cosa cambia davvero per host e viaggiatori dopo la decisione di novembre 2025
L’esperienza è ormai familiare a milioni di viaggiatori: arrivi davanti all’appartamento prenotato, digiti un codice, apri la cassetta di sicurezza e recuperi le chiavi. Nessuna attesa, nessun appuntamento da concordare. Il self check-in automatizzato ha rappresentato per anni il simbolo della flessibilità nel turismo moderno, offrendo autonomia tanto agli ospiti quanto ai gestori delle proprietà. Ma un recente intervento del Consiglio di Stato ha ridefinito profondamente questo scenario, introducendo regole che, a una prima lettura, sembravano segnare la fine del check-in da remoto. La realtà, però, è molto più articolata e sorprendente.
Con la sentenza del 21 novembre 2025, il Consiglio di Stato ha annullato la precedente decisione del TAR Lazio e ripristinato la circolare del Ministero dell’Interno del novembre 2024, che imponeva l’identificazione “de visu” degli ospiti nelle strutture ricettive. Una lettura affrettata potrebbe far pensare a un ritorno al passato, all’epoca in cui ogni check-in richiedeva necessariamente la presenza fisica di host e viaggiatore nello stesso luogo. Eppure, un’analisi più approfondita del provvedimento rivela quattro elementi chiave che cambiano radicalmente le prospettive del settore turistico.

La Vera Natura dell’Identificazione “De Visu”
Il primo aspetto sorprendente emerge proprio dall’interpretazione che il Consiglio di Stato ha fornito del concetto di identificazione “de visu”. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il termine non equivale esclusivamente a “di persona nel senso fisico”. I giudici hanno infatti chiarito che l’identificazione faccia a faccia può avvenire anche a distanza, purché vengano impiegati sistemi di videocollegamento in tempo reale. Questa precisazione è tutt’altro che marginale: apre ufficialmente la strada all’utilizzo di tecnologie digitali per il riconoscimento degli ospiti, purché queste garantiscano un’interazione sincrona e attiva.
La distinzione fondamentale riguarda la modalità di verifica. I metodi basati sul mero invio passivo di documenti, come la trasmissione di una fotografia della carta d’identità via WhatsApp o email, non sono più considerati conformi alla normativa. Il motivo risiede nell’assenza di una verifica interattiva: chi riceve l’immagine non ha modo di accertarsi in tempo reale che la persona che si presenta sia effettivamente quella ritratta nel documento. Al contrario, una videochiamata condotta al momento dell’arrivo dell’ospite, durante la quale l’host o un suo delegato può verificare simultaneamente l’identità della persona e il documento esibito, rispetta pienamente i requisiti imposti dalla sentenza. La tecnologia non è quindi bandita, ma viene ricondotta a un utilizzo che garantisca la stessa affidabilità di un controllo di persona.
Le Radici Storiche dell’Obbligo di Identificazione
Per comprendere appieno la decisione del Consiglio di Stato, occorre risalire alle motivazioni che hanno portato a privilegiare la sicurezza pubblica rispetto alla comodità operativa. Il principio dell’identificazione degli ospiti nelle strutture ricettive affonda le radici in una tradizione normativa secolare, come ha evidenziato Federalberghi nel corso del giudizio. Tracce di questo obbligo si rintracciano già nella Grida milanese del 1583, e la sua importanza emerge anche nella letteratura italiana classica.
Nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, l’oste della Luna Piena ricorda a Renzo l’obbligo di “render conto di tutte le persone che vengono a alloggiar da noi”, mentre ne La Locandiera di Carlo Goldoni il cameriere Fabrizio spiega che il mancato adempimento di tale dovere comporterebbe gravi conseguenze. Non si tratta però solo di storia e tradizione culturale. La sentenza si fonda su prove concrete dell’efficacia di questo sistema nella prevenzione di attività criminali.
Il Ministero dell’Interno ha portato all’attenzione dei giudici un episodio significativo avvenuto a Viterbo il 3 settembre 2025. Due individui armati furono arrestati proprio grazie alla vigilanza del titolare di un bed and breakfast che, durante la verifica di persona, notò una discrepanza tra il documento d’identità precedentemente inviato via WhatsApp e l’ospite che si era effettivamente presentato. Il documento fotografato ritraeva una persona diversa da quella che si trovava davanti alla struttura. Questa incongruenza, impossibile da rilevare con un controllo meramente documentale e differito nel tempo, permise di sventare un potenziale pericolo. Le parole del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi hanno sottolineato come la sentenza rafforzi la sicurezza chiarendo in modo definitivo le regole per tutte le strutture, tutelando sia chi viaggia sia chi vive nei quartieri più esposti al fenomeno turistico e sostenendo il lavoro quotidiano delle forze di polizia.
Il Conflitto tra Tradizione Alberghiera e Innovazione Extralberghiera
Le reazioni alla sentenza hanno messo in luce una frattura profonda all’interno del settore turistico, quella tra il mondo alberghiero tradizionale e il mercato degli affitti brevi. Federalberghi ha accolto la decisione come una vittoria completa, sottolineando due elementi centrali: il rafforzamento della sicurezza e l’eliminazione di quella che definisce un’ingiustificata disparità applicativa. Quest’ultimo punto merita particolare attenzione dal punto di vista della concorrenza di mercato. Prima della sentenza, gli operatori extralberghieri godevano di un vantaggio competitivo significativo, potendo evitare i costi e gli oneri organizzativi legati a un check-in presidiato. Gli albergatori, al contrario, assolvevano da sempre all’obbligo di riconoscimento degli ospiti con personale dedicato, sostenendo spese che i loro concorrenti potevano eludere. Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ha evidenziato come questo impegno sia sempre stato assolto con grande senso civico, a beneficio della sicurezza dell’intera comunità.
Di tutt’altro avviso si è mostrata FARE, la Federazione delle associazioni di ricettività extralberghiera. Pur riconoscendo formalmente la vittoria del Ministero, l’associazione interpreta la sentenza come una conferma della propria linea di pensiero: la sicurezza può e deve essere compatibile con l’innovazione tecnologica. L’apertura esplicita al videocollegamento viene vista come la legittimazione di quei sistemi di verifica digitale che FARE aveva proposto. In una mossa dialettica significativa, l’associazione ha evidenziato un’apparente contraddizione: se l’interpretazione del Consiglio di Stato richiede negli alberghi la presenza fisica al desk come condizione necessaria per l’identificazione, potrebbero risultare non conformi proprio quelle strutture alberghiere che hanno adottato sistemi di check-in totalmente automatizzati. Questa osservazione mette in discussione le stesse pratiche di un settore che ha fortemente sostenuto la necessità della sentenza.
L’Incertezza Tecnologica e le Possibili Soluzioni
Nonostante la sentenza abbia chiarito un principio fondamentale, ha al contempo generato un nuovo problema: l’incertezza operativa. Il videocollegamento è ora formalmente ammesso come modalità di identificazione a distanza, ma mancano standard tecnici nazionali definiti dal Ministero dell’Interno per stabilire cosa costituisca esattamente una procedura remota conforme alla legge. Questa lacuna normativa ha spinto Property Managers Italia a manifestare la preoccupazione per un possibile caos interpretativo, in cui la validità di un sistema di check-in da remoto potrebbe variare a seconda della valutazione delle singole questure o autorità locali.
Una soluzione a questa incertezza potrebbe emergere dall’infrastruttura digitale che l’Italia sta già costruendo. Lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, e la CIE, la Carta d’Identità Elettronica, offrono già oggi strumenti di identificazione sicuri e standardizzati. In questi sistemi, l’identità dell’individuo è certificata a un elevato livello di sicurezza direttamente dallo Stato. Con l’obiettivo fissato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di diffondere l’uso di questi strumenti al settanta per cento della popolazione entro il 2026, la base tecnologica per un’identificazione remota a prova di legge esiste già. L’integrazione di SPID e CIE con i sistemi di check-in potrebbe fornire quel quadro tecnico uniforme e certificato che oggi manca, superando l’attuale frammentazione.
Conclusioni e Prospettive
La sentenza del Consiglio di Stato segna un punto di svolta nel settore turistico. Il dibattito non ruota più attorno alla necessità di identificare gli ospiti, principio ormai consolidato, ma si concentra sulle modalità con cui questo riconoscimento può avvenire nel rispetto della legge e sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia. L’epoca del self check-in completamente automatizzato e non presidiato, basato sull’invio passivo di documenti e sull’utilizzo di key box, appartiene definitivamente al passato. Si apre invece una nuova fase, quella del check-in assistito da remoto, dove l’innovazione digitale non serve a eludere le regole ma a renderne l’applicazione più efficiente, sicura e scalabile.
La domanda che il settore turistico deve porsi oggi non è se adattarsi a queste nuove regole, ma come farlo nel modo più intelligente possibile. Saremo in grado di trasformare questo obbligo di sicurezza in un’opportunità per sviluppare un’innovazione digitale più matura e affidabile, oppure ci attende un periodo di incertezza legale e frammentazione tecnologica che penalizzerà operatori e viaggiatori?
La risposta dipenderà dalla capacità del legislatore di fornire linee guida tecniche chiare e dalla volontà degli operatori di investire in sistemi di riconoscimento che bilancino sicurezza e praticità. Nel frattempo, chi gestisce strutture ricettive è chiamato a rivedere le proprie procedure di check-in, abbandonando i metodi puramente automatizzati in favore di soluzioni che prevedano un’interazione diretta, anche se mediata dalla tecnologia, con ogni ospite che varca la soglia della propria struttura.
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