Riders e tutele del lavoro: la Cassazione ribadisce i principi del 2020

La Sezione Lavoro conferma l’applicabilità della disciplina subordinata ai fattorini delle piattaforme digitali: i tre requisiti chiave e le implicazioni per aziende e lavoratori

Con la sentenza n. 28772 del 31 ottobre 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla qualificazione dei rapporti di lavoro dei riders, confermando l’orientamento già espresso nel celebre caso del 2020. La decisione rappresenta un importante punto di riferimento per comprendere quando i lavoratori delle piattaforme digitali hanno diritto alle tutele previste per il lavoro subordinato, nonostante la formale qualificazione del rapporto come collaborazione autonoma.

Il caso alla base della sentenza

La vicenda riguarda un gruppo di lavoratori che avevano prestato la propria attività per una società di food delivery, stipulando contratti di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato. I riders avevano chiesto al Tribunale di Torino di accertare che i loro rapporti di lavoro rientrassero nella fattispecie prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, disposizione che consente di applicare la disciplina del lavoro subordinato anche a rapporti formalmente autonomi quando ricorrono determinate condizioni.

Il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello di Torino avevano accolto le richieste dei lavoratori, riconoscendo loro il diritto a percepire la retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale del terziario. La società aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando l’interpretazione data dai giudici di merito ai requisiti richiesti dalla legge.

I tre pilastri della tutela: personalità, continuità, etero-organizzazione

L’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 81 del 2015 rappresenta una norma particolarmente innovativa nel panorama giuslavoristico italiano. Non introduce un nuovo tipo di contratto, una sorta di “terzo genere” tra autonomia e subordinazione, ma costituisce una norma di disciplina che rende applicabile la tutela del lavoro subordinato a rapporti che possono legittimamente essere configurati come autonomi, quando presentano tre caratteristiche specifiche: prestazione esclusivamente personale, continuità e modalità di esecuzione organizzate dal committente.

La Suprema Corte ha chiarito che questi requisiti devono essere valutati con particolare attenzione alla realtà concreta del rapporto di lavoro, guardando oltre la qualificazione formale del contratto.

Il carattere personale della prestazione non viene meno per il semplice fatto che il rider utilizza un proprio mezzo di trasporto, sia esso una bicicletta o uno scooter, con i relativi costi di manutenzione a proprio carico. La Cassazione ha spiegato che questo requisito deve essere inteso come assenza della possibilità per il collaboratore di avvalersi di propri ausiliari per eseguire le consegne. È il rider che conduce personalmente il veicolo e concorre a determinare il tempo di consegna: il mezzo non svolge autonomamente la prestazione, ma è lo strumento attraverso cui il lavoratore esegue personalmente la propria attività.

La continuità delle prestazioni rappresenta il secondo requisito essenziale. Sul punto, la società ricorrente aveva sostenuto che questo elemento potesse configurarsi solo in presenza di un obbligo di disponibilità del lavoratore, circostanza pacificamente esclusa nel caso concreto. La Corte ha rigettato questa tesi, chiarendo che la continuità va intesa in senso ampio, non diversamente da quanto avviene per le collaborazioni coordinate e continuative tradizionali disciplinate dall’articolo 409 numero 3 del codice di procedura civile. Nel caso specifico, i contratti avevano una durata di diversi mesi, elemento che di per sé integra il requisito della continuità. La Suprema Corte ha inoltre precisato che la continuità deve essere valutata non tanto in base alla media dei turni effettivamente svolti su base mensile, quanto piuttosto al numero di turni che ciascun lavoratore ha “opzionato”, ossia per i quali si è reso disponibile, considerando che la piattaforma si riservava comunque la facoltà di selezionare un rider diverso da quello che si era candidato per la consegna.

L’etero-organizzazione costituisce l’elemento davvero qualificante della fattispecie prevista dal legislatore del 2015. Si tratta del requisito che distingue in modo decisivo l’ambito di applicazione della disciplina del lavoro autonomo da quello della disciplina del lavoro subordinato. La Cassazione ha ribadito che l’etero-organizzazione deve essere valutata nella fase funzionale di esecuzione del rapporto, non in quella genetica di formazione del contratto. Il fatto che il rider abbia una certa libertà nella scelta se accettare o meno le singole consegne non esclude che, una volta accettata la prestazione, le sue modalità di esecuzione siano interamente determinate dalla piattaforma.

Nel caso esaminato, la Corte territoriale aveva accertato che il servizio di consegna era gestito attraverso un algoritmo elaborato dalla società, il cui funzionamento era costantemente monitorato dall’azienda. La piattaforma organizzava tempi e luoghi di lavoro, imponendo al lavoratore di eseguire la consegna entro un termine tassativo di trenta minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, sotto comminatoria di penale. Questi elementi hanno consentito di ritenere sussistente il requisito dell’etero-organizzazione.

Il riferimento “ai tempi e ai luoghi”: una formula esemplificativa

Un aspetto particolarmente interessante della sentenza riguarda l’interpretazione dell’originaria formulazione dell’articolo 2 del decreto 81 del 2015, che faceva riferimento all’organizzazione “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. La Cassazione ha confermato quanto già affermato nel precedente del 2020, chiarendo che tale riferimento aveva valore meramente esemplificativo, come dimostrato dall’uso dell’avverbio “anche” e dalla successiva soppressione dell’inciso operata dal decreto legge 101 del 2019, convertito nella legge 128 del 2019.

In altri termini, può sussistere etero-organizzazione rilevante anche quando il committente non determini direttamente i tempi e i luoghi della prestazione, purché organizzi unilateralmente altre modalità esecutive del rapporto. Come ha precisato la Suprema Corte, le modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa sono, nell’era della rivoluzione digitale, sempre meno significative anche per distinguere l’autonomia dalla subordinazione.

Una norma contro le elusioni, ma anche uno strumento rimediale

La Cassazione ha sottolineato che l’articolo 2 del decreto legislativo 81 del 2015 non serve solo a prevenire comportamenti elusivi da parte dei datori di lavoro, ma svolge anche una funzione rimediale. Il legislatore ha inteso assicurare al lavoratore la protezione propria del lavoro subordinato quando questi si trovi ad operare in una “zona grigia” tra autonomia e subordinazione, caratterizzata da elementi di debolezza contrattuale che giustificano l’estensione delle tutele tipiche del lavoro dipendente.

Questo significa che non è necessario dimostrare un intento fraudolento dell’azienda: è sufficiente che ricorrano i tre requisiti previsti dalla norma perché scatti automaticamente l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, compresi i diritti retributivi, contributivi e di tutela della salute e sicurezza.

Le implicazioni pratiche della decisione

La sentenza della Cassazione ha ricadute significative per diversi soggetti.

Per i riders e i lavoratori delle piattaforme digitali, la decisione conferma che quando la prestazione è personale, continuativa e organizzata dalla piattaforma, hanno diritto all’applicazione del contratto collettivo nazionale di settore, con tutte le conseguenze in termini di retribuzione minima, ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e contributi previdenziali. Non rileva che formalmente il contratto sia qualificato come collaborazione autonoma o che il lavoratore utilizzi propri mezzi e sostenga determinati costi: ciò che conta è la sostanza del rapporto.

Per le società di food delivery e le piattaforme digitali, la pronuncia ribadisce la necessità di strutturare i rapporti di lavoro in modo tale che, se si vuole mantenere la qualificazione di lavoro autonomo, il lavoratore deve effettivamente godere di autonomia nell’organizzazione della propria attività. Non è sufficiente lasciare al rider la libertà di scegliere se accettare o meno le singole consegne: occorre che anche le modalità esecutive della prestazione non siano unilateralmente imposte dalla piattaforma. L’uso di algoritmi che determinano percorsi, tempi e modalità di consegna può costituire un indice di etero-organizzazione incompatibile con la natura autonoma del rapporto.

Per gli operatori del diritto e i consulenti del lavoro, la sentenza fornisce ulteriori criteri interpretativi per valutare la corretta qualificazione dei rapporti di lavoro nell’economia digitale. È importante comprendere che la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non è più legata esclusivamente ai tradizionali indici di subordinazione come l’assoggettamento al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, ma si arricchisce di nuovi elementi come l’etero-organizzazione, che assume rilevanza anche in assenza di un vincolo di subordinazione in senso stretto.

Il coordinamento con la normativa successiva

Vale la pena ricordare che il decreto legge 101 del 2019 ha introdotto ulteriori tutele specifiche per i riders, prevedendo una retribuzione minima parametrata ai contratti collettivi di settore, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e forme di tutela in caso di impossibilità di adempiere per cause di forza maggiore, maltempo o emergenze. Queste disposizioni si affiancano alla disciplina dell’articolo 2 del decreto 81 del 2015, ampliando il quadro di tutele applicabili ai lavoratori delle piattaforme digitali.

Conclusioni e prospettive

La sentenza n. 28772 del 2025 conferma e consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro dei riders. La Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando che la valutazione compiuta dai giudici di merito era corretta e conforme ai principi già affermati nel 2020.

La decisione testimonia la crescente attenzione della giurisprudenza verso le nuove forme di organizzazione del lavoro legate all’economia digitale e alle piattaforme. Il diritto del lavoro si adatta progressivamente alle trasformazioni tecnologiche, cercando di garantire tutele effettive ai lavoratori anche quando le modalità di svolgimento dell’attività non corrispondono più ai modelli tradizionali.

Per le aziende che operano attraverso piattaforme digitali diventa sempre più importante strutturare i rapporti di lavoro con consapevolezza delle implicazioni giuridiche, evitando di affidarsi esclusivamente alla qualificazione formale del contratto. Per i lavoratori, la pronuncia rappresenta un’importante conferma della possibilità di ottenere il riconoscimento di diritti e tutele anche in presenza di rapporti formalmente configurati come autonomi.

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