ACCERTAMENTO FISCALE E PERCENTUALE DI RICARICO: CHI DEVE PROVARE COSA?

La Cassazione chiarisce i limiti dell’onere probatorio del contribuente quando contesta il metodo di calcolo utilizzato dall’Agenzia delle Entrate

Quando l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori ricavi utilizzando il metodo della percentuale di ricarico, quanto deve dimostrare il contribuente per contestare efficacemente la pretesa fiscale?

La risposta arriva dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31784/2025, depositata il 5 dicembre 2025, che fissa principi chiari e importanti per la tutela dei diritti dei contribuenti sottoposti a verifica fiscale.

La vicenda riguarda una società sottoposta a verifica da parte della Guardia di Finanza per il periodo d’imposta 2007. L’Amministrazione finanziaria aveva ricostruito i ricavi dell’impresa utilizzando il metodo analitico-induttivo, applicando una percentuale di ricarico dell’83,79% sul costo delle merci vendute. Questo metodo consiste nel calcolare quanto mediamente un’impresa guadagna sulla merce che acquista e rivende, confrontando i prezzi di acquisto con quelli di vendita rilevati da un campione di fatture.

La società aveva contestato fin dall’inizio, già in sede di verbalizzazione, l’applicazione di questa percentuale, sostenendo che il calcolo non teneva conto di elementi fondamentali della sua attività commerciale come la scontistica applicata ai clienti, i periodi di saldi stagionali e la vendita a prezzo ridotto degli articoli fuori moda. Nonostante queste contestazioni dettagliate, sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale della Calabria avevano respinto il ricorso della società, ritenendo che non fosse sufficiente contestare il metodo utilizzato dall’Agenzia, ma che il contribuente dovesse anche dimostrare matematicamente in che misura gli elementi da lui indicati avrebbero inciso sulla media ponderata dei ricarichi.

La Cassazione ribalta completamente questa impostazione, accogliendo il ricorso della società e fornendo indicazioni decisive sulla ripartizione dell’onere probatorio in questo tipo di accertamenti. Per comprendere la portata della decisione, occorre innanzitutto distinguere tra due diversi metodi di accertamento fiscale previsti dall’articolo 39 del DPR n. 600 del 1973.

Il primo è l’accertamento analitico-induttivo, disciplinato dall’articolo 39, comma 1, lettera d). Questo metodo si applica quando le scritture contabili dell’impresa presentano incompletezze, falsità o inesattezze, ma mantengono una complessiva attendibilità. In sostanza, la contabilità non è totalmente inaffidabile, ma presenta alcune lacune che l’Amministrazione può colmare utilizzando anche presunzioni semplici che rispettino i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 del codice civile.

Il secondo metodo è l’accertamento induttivo puro, previsto dall’articolo 39, comma 2. Questo si applica quando le irregolarità contabili sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile l’intera contabilità. In questi casi, l’Amministrazione può prescindere completamente dalle scritture contabili e determinare il reddito sulla base di elementi meramente indiziari, anche se non raggiungono il livello di prova presuntiva richiesto dal codice civile.

Nel caso esaminato, la Cassazione rileva che l’Amministrazione aveva applicato il metodo analitico-induttivo, non quello induttivo puro. Questo emerge chiaramente dal fatto che l’Ufficio aveva utilizzato elementi tratti dalla contabilità stessa dell’impresa, applicando il metodo della media ponderata dei ricarichi. Se la contabilità fosse stata ritenuta totalmente inattendibile, non avrebbe avuto senso utilizzare questi dati.

La distinzione è fondamentale perché cambia radicalmente l’onere probatorio che grava sul contribuente. Quando si utilizza il metodo della percentuale di ricarico, la Corte chiarisce che l’Amministrazione deve seguire passaggi precisi. Innanzitutto, deve selezionare un campione rappresentativo di beni, che sia significativo sia per qualità che per quantità rispetto all’attività complessiva dell’impresa. Non è necessario che il campione comprenda tutti i beni venduti, ma deve essere adeguatamente rappresentativo.

In secondo luogo, il criterio di calcolo deve essere coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame. Non si può, ad esempio, applicare una media aritmetica semplice quando si vendono sia prodotti al dettaglio che all’ingrosso, dato che questi hanno percentuali di ricarico completamente diverse. In questi casi occorre utilizzare una media ponderata che tenga conto delle diverse tipologie merceologiche e delle diverse modalità di vendita.

In terzo luogo, la percentuale di ricarico così determinata va applicata sul costo del venduto accertato, il risultato ottenuto rappresenta il margine di guadagno che va sommato al costo per ottenere i ricavi accertati, e da questi vanno detratti i ricavi dichiarati per determinare l’eventuale maggior reddito.

La Cassazione ricorda che il riscontro di incongruenze nelle percentuali di ricarico costituisce legittimo presupposto per l’accertamento analitico-induttivo, sia in materia di imposte dirette che di IVA. Tuttavia, è fondamentale che la determinazione della percentuale sia coerente con la realtà aziendale. E qui viene il punto decisivo della sentenza.

Quando il contribuente contesta in giudizio il criterio utilizzato dall’Amministrazione per determinare la percentuale di ricarico, il giudice di merito è tenuto a verificare la scelta dell’Amministrazione in relazione alle critiche proposte, alla luce dei canoni di coerenza logica e congruità. Deve valutare se il campione selezionato è effettivamente rappresentativo, se la natura dei beni è omogenea o disomogenea, se il criterio di media prescelto è appropriato.

Il contribuente, dal canto suo, ha l’onere di provare che i mutamenti del mercato o della propria attività giustificano l’applicazione di percentuali diverse rispetto a quelle accertate. Questo principio deriva dal fatto che le percentuali di ricarico accertate in un anno possono costituire validi elementi indiziari per ricostruire i dati di anni precedenti o successivi, dato che non si tratta di una variabile occasionale ma di un dato strutturale dell’attività d’impresa.

Tuttavia, la Cassazione chiarisce che l’onere probatorio del contribuente si ferma qui. Una volta che il contribuente ha dedotto elementi specifici e analitici che possono influire sulla determinazione della percentuale di ricarico, non può essergli imposto un ulteriore onere di quantificare matematicamente la misura dell’incidenza di ciascun elemento sulla media ponderata.

Nel caso specifico, la società aveva indicato puntualmente tre elementi rilevanti: la scontistica applicata in concreto ai clienti, i periodi di saldi con vendite a prezzi ribassati, e la rottamazione degli articoli fuori moda con vendita a prezzo ridotto. Ciascuno di questi elementi è certamente idoneo a influire sulla percentuale di ricarico effettiva dell’impresa. Una vendita con sconto del trenta percento ha evidentemente un ricarico molto inferiore rispetto a una vendita a prezzo pieno. I saldi stagionali comprimono drasticamente i margini di guadagno. La vendita di articoli fuori stagione o fuori moda a prezzi fortemente ridotti abbassa la media complessiva dei ricarichi.

La Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che, pur avendo la società dedotto questi elementi, essa avrebbe dovuto dimostrare anche la misura della loro incidenza sulla media ponderata. In altri termini, avrebbe dovuto quantificare matematicamente quanto ciascun fattore avesse influito sul risultato finale. Questa pretesa, secondo la Cassazione, è illegittima e costituisce un onere probatorio aggiuntivo non previsto dalla legge.

L’Amministrazione finanziaria prima, e il giudice poi, devono prendere in considerazione tutti gli elementi specifici dedotti dal contribuente nella determinazione della percentuale di ricarico. Il giudice deve valutare compiutamente se questi elementi siano stati correttamente considerati nella ricostruzione operata dall’Ufficio. Può anche concludere che alcuni elementi non abbiano rilevanza o che la loro influenza sia marginale, ma deve comunque esaminarli e motivare adeguatamente sul punto.

Nella fattispecie, la Commissione Tributaria Regionale, dopo aver preso atto delle contestazioni svolte dal contribuente fin dal momento della redazione del processo verbale di constatazione e riproposte in tutti i gradi di giudizio, è andata oltre gravando il contribuente di un ulteriore onere probatorio non previsto dalla legge. Il contribuente aveva già adeguatamente dedotto elementi specifici e analitici, in grado ciascuno, e tutti nel complesso, di influire sulla determinazione della percentuale di ricarico.

La Corte chiarisce che l’onere probatorio consistente nel provare l’illogicità e l’incongruenza dei criteri adottati nella determinazione della percentuale di ricarico è il solo onere che deve gravare sul contribuente, in ogni contesto accertativo. Non si può pretendere che il contribuente quantifichi l’incidenza di elementi che, per loro natura, sono certamente idonei a influenzare il risultato.

Questo principio vale sia che l’accertamento sia operato ai sensi del comma 1 che del comma 2 dell’articolo 39 del DPR 600/1973. La diversità dei due metodi attiene alla gravità delle irregolarità contabili e all’ampiezza dei poteri dell’Amministrazione, ma non modifica l’onere probatorio del contribuente una volta che questi contesti il criterio di determinazione della percentuale di ricarico.

La sentenza ha implicazioni pratiche molto rilevanti per imprese e professionisti. Quando un’azienda riceve un avviso di accertamento basato sulla percentuale di ricarico, la strategia difensiva deve concentrarsi sull’individuazione puntuale di tutti gli elementi concreti che caratterizzano l’attività commerciale e che possono influire sui margini di guadagno. Sconti, promozioni, vendite sottocosto, stagionalità, mix merceologico, modalità di vendita al dettaglio o all’ingrosso sono tutti fattori che devono essere evidenziati con precisione.

Non è necessario, né può essere richiesto, che il contribuente produca una perizia contabile che quantifichi esattamente l’incidenza percentuale di ciascun elemento. È sufficiente che gli elementi siano specifici, concreti, documentati e idonei per loro natura a incidere sulla percentuale di ricarico. Sarà poi compito dell’Amministrazione, in sede di contraddittorio, e del giudice, in sede processuale, valutare se e in che misura questi elementi debbano essere considerati nella ricostruzione del reddito.

La difesa del contribuente risulta quindi più accessibile e meno onerosa. Non serve un’analisi matematica complessa che spesso il contribuente non è in grado di produrre, soprattutto se si tratta di piccole e medie imprese prive di strutture amministrative sofisticate. È sufficiente una deduzione circostanziata degli elementi concreti dell’attività che giustificano percentuali di ricarico diverse da quelle accertate dall’Ufficio.

La Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso alla luce di questi principi. Il giudice del rinvio dovrà verificare se l’Amministrazione abbia correttamente considerato gli elementi dedotti dalla società contribuente nella determinazione della percentuale di ricarico, e valutare se la percentuale applicata sia effettivamente coerente con la realtà aziendale considerando tutti i fattori rilevanti.

Questa pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale consolidato che cerca di bilanciare i poteri accertativi dell’Amministrazione con le garanzie difensive del contribuente. L’accertamento induttivo resta uno strumento legittimo e necessario per contrastare l’evasione fiscale, ma deve essere esercitato nel rispetto di criteri logici e razionali, e il contribuente deve avere la possibilità concreta di contestarne i presupposti e le modalità di applicazione senza essere gravato di oneri probatori impossibili o eccessivamente difficili da assolvere.

Per le imprese che affrontano verifiche fiscali o che hanno ricevuto avvisi di accertamento basati sulla percentuale di ricarico, questa sentenza rappresenta un importante strumento di tutela. È fondamentale contestare tempestivamente e specificamente il metodo utilizzato dall’Agenzia, evidenziando tutti gli elementi concreti che possono influenzare i margini di guadagno dell’attività. La documentazione commerciale ordinaria, i listini prezzi, le politiche di sconto, i registri delle vendite promozionali sono tutti elementi utili per supportare le proprie ragioni.

Il nostro studio assiste imprese e professionisti in tutte le fasi del contenzioso tributario, dalla fase amministrativa al giudizio in Cassazione. Se hai ricevuto un avviso di accertamento basato sul metodo della percentuale di ricarico o sei in corso di verifica fiscale, contattaci per una consulenza personalizzata e per valutare le migliori strategie difensive alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali.

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