La Cassazione chiarisce quando spetta l’indennità: nuova interpretazione sui requisiti della deambulazione assistita
L’indennità di accompagnamento rappresenta un sostegno economico fondamentale per chi non è in grado di deambulare autonomamente o di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. Ma cosa si intende esattamente per “impossibilità di deambulare senza aiuto”? Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, ordinanza n. 28212/2025) offre un’interpretazione importante che amplia le tutele per i beneficiari.
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Il caso esaminato dalla Corte
La vicenda processuale si è protratta per anni attraverso diversi gradi di giudizio. Un cittadino aveva richiesto il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, ma la sua domanda era stata inizialmente rigettata. Gli eredi, dopo la morte del ricorrente, hanno proseguito la battaglia legale fino alla Cassazione.
Il punto centrale della controversia riguardava l’interpretazione delle condizioni cliniche documentate: le perizie mediche attestavano che il paziente necessitava di “supervisione continua” durante la deambulazione e di “aiuto” per l’elevato rischio di cadute. La deambulazione avveniva “con base allargata, con l’aiuto di appoggi e supervisione continua”.
L’INPS e il giudice di merito avevano ritenuto che questa situazione non integrasse il requisito richiesto dalla legge, sostenendo che mancasse la “necessità dell’aiuto continuo di un accompagnatore durante la deambulazione”. In altre parole, secondo questa interpretazione restrittiva, la semplice supervisione non equivaleva all’assistenza fisica diretta.
Il quadro normativo di riferimento
L’indennità di accompagnamento è disciplinata dalla legge n. 18 del 1980 e successive modifiche (in particolare la legge n. 508 del 1988). L’articolo 1 della legge 18/1980 stabilisce che hanno diritto all’indennità “i mutilati ed invalidi civili totalmente inabili” che si trovano in una di queste due condizioni alternative:
- impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure
- necessità di assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita.
È sufficiente che si verifichi anche solo una delle due condizioni per avere diritto alla prestazione. La norma, quindi, non richiede che entrambi i requisiti siano contemporaneamente presenti.
La decisione della Cassazione: un’interpretazione estensiva
La Corte Suprema ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e affermando un principio interpretativo di grande rilevanza pratica. I giudici di legittimità hanno chiarito che la “necessità di supervisione continua” durante la deambulazione integra pienamente il requisito dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore.
L’argomentazione della Cassazione è lineare e convincente: la supervisione implica necessariamente che l’attività di deambulazione non possa essere compiuta in autonomia. Se è necessaria una presenza costante per evitare cadute o incidenti, significa che la persona non è in grado di muoversi da sola in sicurezza. La distinzione tra “supervisione” e “aiuto fisico diretto” viene quindi superata: entrambe le forme di assistenza rientrano nel concetto di “aiuto permanente” previsto dalla legge.
La Corte ha inoltre sottolineato che tale necessità deve essere continua e non episodica, requisito che nel caso concreto era pienamente soddisfatto dalle risultanze mediche.
Un aspetto importante chiarito dalla sentenza riguarda il rapporto tra i due requisiti alternativi previsti dalla legge. La Cassazione ha precisato che la residua autonomia funzionale del soggetto, valutata secondo parametri come la scala di Barthel (uno strumento standardizzato per misurare l’autonomia nelle attività quotidiane), non incide sulla valutazione del requisito della deambulazione assistita. Si tratta infatti di due presupposti distinti e alternativi: l’impossibilità di deambulare da un lato, l’impossibilità di compiere gli atti quotidiani dall’altro. La presenza di una parziale autonomia nelle attività quotidiane non esclude quindi il diritto all’indennità se sussiste l’impossibilità di deambulare senza assistenza.
Le implicazioni pratiche della pronuncia
Questa sentenza ha ricadute concrete importanti per diverse categorie di soggetti. Per i cittadini con disabilità motorie, la decisione rappresenta un’apertura significativa: non è più necessario dimostrare che si è completamente immobili o che si necessita di sostegno fisico diretto durante ogni spostamento. È sufficiente provare che, per la sicurezza della persona, è indispensabile la presenza costante di qualcuno che supervisioni i movimenti.
Pensiamo, ad esempio, a una persona anziana con disturbi dell’equilibrio, a chi soffre di patologie neurologiche che comportano rischio di cadute improvvise, o a soggetti con deficit cognitivi che rendono pericolosa la deambulazione autonoma. In tutti questi casi, anche se tecnicamente la persona riesce a muovere qualche passo da sola, la necessità di supervisione continua per evitare incidenti integra il diritto all’indennità.
Per i familiari e i caregiver, questa interpretazione riconosce il valore e la necessità dell’assistenza che quotidianamente prestano, anche quando questa non si traduce in un sostegno fisico diretto ma in una vigilanza costante e indispensabile.
Dal punto di vista procedurale, la sentenza offre indicazioni importanti anche per la fase di accertamento sanitario. Le commissioni mediche e i consulenti tecnici d’ufficio dovranno prestare attenzione non solo alla capacità fisica di deambulazione, ma anche alla necessità di supervisione per garantire la sicurezza del soggetto. La documentazione clinica dovrà attestare non soltanto le difficoltà motorie in senso stretto, ma anche i rischi connessi alla deambulazione autonoma e la conseguente necessità di presenza assistenziale continua.
Per gli avvocati e i professionisti del settore, questa pronuncia costituisce un precedente giurisprudenziale da richiamare nelle controversie previdenziali, specialmente quando l’INPS oppone un diniego basandosi su un’interpretazione restrittiva del requisito della deambulazione assistita. La sentenza della Cassazione n. 28212/2025 deve essere citata per sostenere che la supervisione continua equivale all’aiuto permanente richiesto dalla legge.
È importante notare che la Corte ha cassato la sentenza di merito con rinvio, disponendo quindi che un altro giudice riesamini la questione alla luce dei principi affermati. Questo significa che il procedimento non è ancora concluso, ma l’orientamento interpretativo è ormai chiaramente fissato dalla Suprema Corte.
Come far valere i propri diritti
Se ti trovi in una situazione simile o hai ricevuto un diniego dall’INPS per l’indennità di accompagnamento nonostante tu necessiti di supervisione continua durante la deambulazione, è importante sapere che hai strumenti di tutela.
Il primo passo è sempre verificare attentamente la motivazione del provvedimento di rigetto. Se l’INPS ha negato la prestazione ritenendo insufficiente la necessità di supervisione, questa sentenza della Cassazione rappresenta un argomento giuridico solido per contestare tale decisione.
È fondamentale documentare accuratamente le proprie condizioni di salute, raccogliendo certificazioni mediche che attestino non solo le difficoltà motorie, ma anche e soprattutto il rischio di cadute, la necessità di assistenza continua durante gli spostamenti, e qualsiasi elemento che dimostri l’impossibilità di deambulare in sicurezza senza la presenza di un accompagnatore.
Il nostro studio è a disposizione per valutare la tua situazione specifica e per assisterti nelle procedure di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o nell’eventuale contenzioso con l’INPS. Contattaci per una consulenza personalizzata: analizzeremo insieme la documentazione clinica, valuteremo i presupposti per il riconoscimento del diritto e, se necessario, ti accompagneremo in tutte le fasi del procedimento amministrativo e giudiziale.