La Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa: Uno Strumento in Crescente Affermazione nel Panorama delle Procedure di Risanamento

Premessa normativa e inquadramento sistematico La Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa (CNC), introdotta dal D.L. 118/2021 e successivamente incorporata nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), rappresenta una delle innovazioni più significative nel panorama delle procedure concorsuali italiane. Questo strumento, recentemente perfezionato dal D.Lgs. 136/2024, si configura come una procedura volontaria e stragiudiziale che consente all’imprenditore commerciale o agricolo in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario di perseguire il risanamento dell’impresa attraverso la mediazione di un esperto negoziatore. La ratio legislativa sottesa alla CNC si inserisce nel più ampio processo di armonizzazione europea iniziato con la Direttiva (UE) 2019/1023 relativa ai quadri di ristrutturazione preventiva, che ha imposto agli Stati membri l’introduzione di meccanismi volti a favorire il salvataggio delle imprese in difficoltà prima che raggiungano lo stato di insolvenza. In questa prospettiva, la composizione negoziata si pone come strumento di prevenzione della crisi, operando in una fase precedente rispetto alle tradizionali procedure concorsuali. Architettura procedurale e caratteristiche distintive Dal punto di vista procedurale, la CNC presenta caratteristiche innovative che la distinguono nettamente dalle procedure concorsuali tradizionali. L’art. 12 del CCII stabilisce che la procedura si attiva su istanza volontaria dell’imprenditore attraverso la Piattaforma Nazionale di Composizione Negoziata, gestita da Unioncamere, configurandosi come un sistema interamente telematico che garantisce efficienza e tempestività nell’avvio del procedimento. Il fulcro della procedura risiede nella figura dell’esperto negoziatore, nominato dalla Camera di Commercio competente per territorio o, nel caso di imprese sopra soglia, dalla Commissione Regionale di cui all’art. 4, comma 3, del CCII. L’esperto, iscritto nell’apposito elenco nazionale e dotato di specifiche competenze tecniche, assume il ruolo di facilitatore delle trattative tra l’imprenditore e i creditori, mantenendo una posizione di terzietà e imparzialità che risulta fondamentale per il buon esito delle negoziazioni. Un aspetto particolarmente innovativo della CNC è rappresentato dalla possibilità di richiedere misure protettive e cautelari ai sensi dell’art. 6 del CCII. Tali misure, concesse dal tribunale competente con decreto motivato, consentono di sospendere temporaneamente le azioni esecutive e cautelari dei creditori, impedendo al contempo la revoca degli affidamenti bancari per il solo fatto dell’avvio della procedura. Questa protezione patrimoniale rappresenta un elemento cruciale per consentire all’impresa di operare in condizioni di stabilità durante le trattative. I vantaggi strategici della composizione negoziata La CNC presenta molteplici vantaggi strategici che ne spiegano il crescente successo presso il mondo imprenditoriale. In primo luogo, la natura stragiudiziale della procedura consente di evitare la pubblicità e lo stigma sociale tipici delle procedure concorsuali tradizionali, preservando la reputazione aziendale e i rapporti commerciali. L’imprenditore mantiene inoltre il pieno controllo della gestione aziendale, non sussistendo alcun fenomeno di spossessamento. Dal punto di vista temporale, la procedura presenta una durata contenuta di 180 giorni, prorogabile per ulteriori 180 giorni, che consente di raggiungere rapidamente una soluzione della crisi senza i lunghi tempi tipici delle procedure giudiziali. I costi ridotti rispetto alle procedure concorsuali tradizionali rappresentano un ulteriore elemento di attrattività, particolarmente rilevante per le piccole e medie imprese. La flessibilità costituisce forse il vantaggio più significativo della CNC. Lo strumento consente infatti di negoziare soluzioni personalizzate con i creditori, adattandosi alle specifiche esigenze dell’impresa e del mercato di riferimento. È inoltre possibile integrare la procedura con altri strumenti di composizione della crisi, configurando accordi complessi che combinano riscadenziamenti, stralci parziali e nuove forme di finanziamento. L’evidenza empirica del successo: analisi dei dati Unioncamere I dati emersi dall’Osservatorio semestrale di Unioncamere del giugno 2025 confermano in modo inequivocabile il crescente successo della composizione negoziata. Le 905 istanze presentate negli ultimi sei mesi (novembre 2024 – maggio 2025) rappresentano un incremento superiore al 120% rispetto al semestre precedente, portando il totale delle istanze presentate dal novembre 2021 a quasi 3.000 pratiche. Particolarmente significativo appare l’incremento del tasso di successo, che nel primo trimestre 2025 ha raggiunto il 22,5%, con 295 chiusure positive registrate a maggio 2025. Questo dato assume ancora maggiore rilevanza se confrontato con l’evoluzione temporale del fenomeno, evidenziando una progressiva maturazione dello strumento e un crescente livello di expertise degli operatori coinvolti. Il Report Annuale 2025 della Camera Arbitrale di Milano conferma questa tendenza positiva, evidenziando un incremento dell’87% delle istanze lombarde nel 2024 rispetto all’anno precedente. La Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di pratiche, rappresentando il 24% del totale nazionale, dato che riflette sia la densità imprenditoriale del territorio sia il livello di maturità degli operatori economici locali nell’utilizzo di strumenti innovativi di gestione della crisi. Degno di nota è il dato relativo al risanamento effettivo: nel solo 2024 sono state risanate 38 imprese lombarde, con la salvaguardia di 2.164 posti di lavoro. Questo risultato evidenzia l’efficacia sociale ed economica dello strumento, che si traduce in benefici concreti per il tessuto produttivo e occupazionale. Fattori critici di successo e target di riferimento L’analisi dei dati rivela interessanti correlazioni tra le caratteristiche delle imprese e il tasso di successo della procedura. Le aziende che concludono positivamente la CNC risultano significativamente più strutturate rispetto a quelle con esito negativo, sia in termini di numero di dipendenti (53,4 contro 27,5 in media) sia di attivo patrimoniale (33 milioni contro 9 milioni in media). Questo dato suggerisce che la composizione negoziata funziona meglio per imprese dotate di adeguati assetti organizzativi ai sensi degli artt. 2086 e 2475 c.c., che dispongono di sistemi di controllo di gestione e di reporting finanziario adeguati. Le micro e piccole imprese potrebbero essere penalizzate da una minore cultura finanziaria, dalla presenza di advisor meno specializzati e dalla difficoltà di accesso a strumenti di finanza strutturata. Un elemento cruciale per il successo della procedura è rappresentato dalla tempestività dell’intervento. I dati evidenziano che il 30,5% delle imprese in sofferenza dal mese precedente alla presentazione dell’istanza ottiene un esito favorevole, mentre tale percentuale scende drasticamente all’11,5% per le imprese in difficoltà economica da cinque anni. Questo dato conferma la natura preventiva dello strumento e l’importanza di attivare la procedura ai primi segnali di squilibrio, quando le possibilità di risanamento sono ancora concrete e ragionevoli. Il superamento del concordato preventivo e le prospettive

Al pre-commissario del concordato preventivo è dovuto il compenso pieno

Tempo di lettura: 2 minuti LA CORTE DI CASSAZIONE ACCOGLIE IL RICORSO DEGLI AVVOCATI DELLO STUDIO TMC Importante pronuncia della Suprema Corte (n. 15790 del 6 giugno 2023), che pone ordine nelle incertezza applicative e nelle prassi difformi adottate nei vari tribunali, circa i criteri di liquidazione del compenso dovuto al “pre-commissario” del vecchio concordato preventivo “con riserva”. I giudici di legittimità, in accoglimento del ricorso dei pre-commissari di un concordato “con riserva”, ha confermato che la determinazione del compenso va sempre operata secondo le disposizioni dell’art. 5 del D.M. 25 gennaio 2012 n. 30. In assenza di precedenti pronunce negli esatti termini della questione sottoposta, la Corte ha ribadito che il “pre-commissario” – nominato ai sensi del l’art. 161 comma n. 6 della legge fallimentare ante riforma – non è un ausiliario della giustizia, ma un organo della procedura di concordato preventivo. La decisione riordina e alcuni principi pratici destinati a porsi come riferimento in materia: 1. ai fini della determinazione del compenso unico spettante al commissario giudiziale per l’attività svolta nelle due fasi ante e post omologa, così come nella eventuale fase preconcordataria, va disapplicato, per irragionevolezza e disparità di trattamento, l’art. 5, commi 1 e 2, del d.m. n. 30 del 2012, là dove distingue tra attivo realizzato e inventariato a seconda di due gruppi eterogenei di tipologie di concordato, dovendosi invece fare sempre riferimento all’attivo inventariato; 2. in caso di cessazione anticipata della procedura concordataria, anche nella fase pre-concordataria, in assenza di redazione dell’inventario, i valori di attivo e passivo vanno tratti dalla documentazione acquisita alla procedura, e in particolare, ai fini del passivo, dall’elenco dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti (eventualmente verificato e rettificato dal commissario giudiziale ai sensi dell’art. 171 legge fall.) e, ai fini dell’attivo, dall’ultimo bilancio (come eventualmente rettificato dal commissario) – nonché, per le imprese non soggette all’obbligo di redazione del bilancio, dalla dichiarazione dei redditi e dichiarazione IRAP concernenti l’ultimo esercizio – oppure, se più aggiornata e adeguata, dalla situazione finanziaria dell’impresa depositata mensilmente dal debitore e sottoposta a verifica del commissario giudiziale (art. 161, comma 8, legge fall.), o infine dal piano concordatario, se già depositato dal debitore; 3. in tutti i casi di cessazione anticipata dell’incarico, prima che la procedura concordataria giunga a compimento, la determinazione del compenso al commissario giudiziale si effettua «tenuto conto dell’opera prestata», ai sensi dell’art. 2, comma 1, D.M. n. 30 del 2012 (richiamato dall’art. 5, comma 5, D.M. cit.), secondo un criterio di proporzionalità del compenso rispetto alla natura, qualità e quantità dell’opera prestata, che consente di ridurre lo stesso anche al di sotto delle percentuali minime previste dall’art. 1, D.M. cit. (richiamate dallo stesso art. 5) e finanche al di sotto del compenso minimo previsto dall’art. 4, comma 1, D.M. cit.

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