IL DATORE RISPONDE PER L’INFORTUNIO DEL LAVORATORE IMPRUDENTE
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Non era ancora scattato l’orario di lavoro, ed un feroce incendio si era sviluppato nell’azienda agricola: le fiamme avevano già avvolto la struttura e si stavano propagando rapidamente all’allevamento in cui erano ricoverati moltissimi pulcini di tacchino.

Sul posto erano giunte le forze dell’ordine, che avevano intimato a tutti i presenti di allontanarsi immediatamente dal fabbricato, cosa che aveva prontamente fatto anche il titolare dell’azienda.

Uno degli operai, invece, era salito su di un “bobcat”, deciso ad entrare nell’allevamento per provare a recuperare i pulcini, prima che venissero uccisi dalle fiamme.

Incurante degli ordini dell’ordine di fermarsi, rivoltogli dal maresciallo dei carabinieri, il dipendente si era perciò lanciato, sul mezzo meccanico, all’interno dell’allevamento, ma poco dopo una violenta fiammata aveva avvolto il bobcat, ferendo a morte il suo conducente.

Per l’accaduto, il titolare dell’azienda si era visto contestare la violazione di molteplici norme anticendio, tra le quali la omessa nomina del responsabile del servizio di prevenzione degli incendi, e la mancata formazione dei dipendenti per il caso di propagazione del fuoco sul luogo di lavoro.

Inoltre, il Pubblico Ministero aveva contestato al datore di lavoro il reato di omicidio colposo, per non aver predisposto tutte le misure di prevenzione idonee a garantire che il lavoratore fosse adeguatamente informato sulle manovre da evitare e sui comportamenti da tenere in circostanze come quella che si era verificata.

Il tribunale aveva poi mandato assolto l’imputato, sul presupposto che le violazioni delle norme antincendio non potevano aver causato o agevolato la morte del lavoratore; di diverso avviso invece la Corte di Appello, che aveva ribaltato la decisione, condannando il titolare dell’azienda sul presupposto che la predisposizione di misure adeguate, alle quali i dipendenti sarebbero stati tenuti ad uniformarsi, avrebbe potuto scongiurare l’evento.

La vicenda è giunta così all’esame della Corte di Cassazione, alla quale è toccato il compito di chiarire se, a prescindere dalla predisposizione o meno di adeguate misure di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro risponda penalmente di tutti gli infortuni originati dal comportamento di un lavoratore, anche se impulsivo ed imprevedibile.

Nel caso di specie, infatti, pur in assenza della nomina di un responsabile della prevenzione o di una adeguata formazione dei lavoratori, il dipendente aveva disatteso il preciso ordine di allontanarsi dal luogo, rivoltogli anche dal maresciallo dei carabinieri intervenuti, e si era lanciato invano nell’incendio, nel tentativo di porre in salvo i pulcini ricoverati nell’allevamento.

La Corte romana, con la sentenza n. 39616 del 20 ottobre 2022, ha annullato la sentenza di condanna del datore di lavoro, rinviando il processo alla Corte di Appello, in diversa composizione, per la celebrazione di un nuovo processo di secondo grado per i fatti di causa.

Per i giudici di legittimità, la responsabilità penale del datore di lavoro non sussiste quando il comportamento del dipendente, nello svolgimento delle sue mansioni, sia del tutto eccezionale ed imprevedibile, e cioè si concretizzi in una condotta abnorme e radicalmente lontano da tutte le ipotizzabili scelte possibili del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

Ricordando anche altre pronunce simili, la Cassazione ha concluso che il comportamento che risulti negligente, imprudente ed imprevedibile, da parte del lavoratore, pur se posto in essere nell’ambito delle mansioni che gli sono state affidate, costituisce la concretizzazione del cosiddetto “rischio eccentrico”, che esclude la responsabilità del datore, quale garante della sicurezza dei propri sottoposti.

Solo quando si verifichi questa ipotesi, infatti, è del tutto ragionevole dedurre che nemmeno la puntuale e meticolosa predisposizione di tutti i presidi preventivi, compresa la formazione del personale e la designazione del responsabile della prevenzione, potrebbero scongiurare il verificarsi dell’evento dannoso – nel caso di specie mortale – a carico del lavoratore.



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