Un’analisi critica delle recenti pronunce della Corte Costituzionale e delle incoerenze sistemiche della legislazione italiana
Il Paradosso del Rigore Selettivo
Le sentenze della Corte Costituzionale nn. 68 e 69 del 22 maggio 2025 hanno messo in luce una delle contraddizioni più evidenti del sistema giuridico italiano in materia di procreazione medicalmente assistita: da un lato, si riconosce il diritto alla genitorialità già acquisito all’estero dalle coppie omosessuali femminili (sentenza n. 68), dall’altro, si nega categoricamente l’accesso diretto alle tecniche di PMA alle donne single sul territorio nazionale (sentenza n. 69).
Questa apparente incoerenza rivela un approccio normativo che privilegia la gestione delle conseguenze rispetto alla prevenzione delle cause, creando un sistema di “rigore a geometria variabile” che finisce per discriminare le donne in base alla loro capacità economica e alle loro possibilità di movimento transfrontaliero.
La Restrizione delle Libertà Individuali: Un Controllo Anacronistico
L’art. 5 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 continua a subordinare l’accesso alla PMA alla sussistenza di requisiti soggettivi che riflettono un modello familiare tradizionale, richiedendo che i richiedenti siano “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”. Tale impostazione, benché confermata dalla giurisprudenza costituzionale, risulta sempre più anacronistica rispetto all’evoluzione sociale e ai principi di autodeterminazione individuale.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 69/2025, ha giustificato questa limitazione richiamando il “margine di apprezzamento” dello Stato e la non irragionevolezza della scelta legislativa. Tuttavia, tale argomentazione appare fragile quando confrontata con la realtà fattuale: le donne escluse dall’accesso alle tecniche in Italia non rinunciano al loro progetto genitoriale, ma semplicemente si rivolgono altrove, aggirando de facto i divieti legislativi.
Il Turismo Procreativo: Aggiramento Sistematico dei Divieti
La rigidità del sistema italiano ha alimentato un fiorente “turismo procreativo” che coinvolge migliaia di donne ogni anno. Secondo i dati disponibili, le destinazioni privilegiate includono Spagna, Belgio, Repubblica Ceca e Danimarca per le tecniche di fecondazione eterologa, mentre per la maternità surrogata molte coppie si rivolgono a Ucraina, Georgia e, più recentemente, Argentina.
Questo fenomeno evidenzia l’inefficacia deterrente della normativa italiana e crea una discriminazione sostanziale basata sulle disponibilità economiche: chi può permettersi di viaggiare all’estero aggira i divieti, chi non può rimane escluso dai propri diritti riproduttivi. Il risultato è un sistema che non protegge alcun valore etico superiore, ma semplicemente penalizza le fasce economicamente più deboli della popolazione.
La Criminalizzazione Retroattiva: Il Caso della Maternità Surrogata
L’approvazione del d.d.l. 824/2024, che estende la perseguibilità del reato di maternità surrogata anche quando commesso all’estero da cittadini italiani, rappresenta un ulteriore inasprimento di una politica già contraddittoria. La modifica dell’art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004 introduce una forma di “criminalizzazione extraterritoriale” che pone seri interrogativi sulla coerenza del sistema punitivo.
Come rilevato dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 38162/2022), il divieto di maternità surrogata costituisce principio di ordine pubblico. Tuttavia, l’estensione della punibilità alle condotte commesse all’estero crea una situazione paradossale: lo Stato italiano pretende di imporre i propri valori etici anche al di fuori dei propri confini, trasformando scelte procreative legali in altri ordinamenti in reati per i propri cittadini.
Il Paradosso Demografico: Restrizioni in Tempi di Denatalità
La contraddizione più stridente emerge quando si confrontano le politiche restrittive in materia di PMA con l’allarme demografico che attraversa l’Italia e l’intero mondo occidentale. Con un tasso di natalità di 1,24 figli per donna (dati ISTAT 2023), l’Italia si trova in una grave crisi demografica che richiede interventi urgenti per incentivare la natalità.
In questo contesto, appare incomprensibile una legislazione che limita artificialmente l’accesso alle tecniche procreative, escludendo categorie di persone che potrebbero contribuire significativamente al rilancio demografico del Paese. Le donne single, le coppie omosessuali femminili e tutti coloro che necessitano di tecniche di PMA avanzate rappresentano una risorsa demografica che il legislatore italiano continua a ignorare.
Paesi come Francia, Spagna e Regno Unito hanno già adottato approcci più liberali, consentendo l’accesso alla PMA a una platea più ampia di richiedenti. Non è un caso che questi Stati registrino tassi di natalità superiori a quello italiano e una maggiore capacità di attrarre “turismo procreativo inverso”.
L’Incoerenza delle Politiche Pubbliche
Il sistema attuale presenta una serie di incoerenze che minano la credibilità dell’intero impianto normativo:
Sul piano dei principi costituzionali, si assiste a un bilanciamento squilibrato tra il diritto alla autodeterminazione riproduttiva (art. 2 Cost.) e valori etici di dubbia cogenza costituzionale. La Corte Costituzionale ha riconosciuto l’interesse superiore del minore come principio cardine (sentenza n. 68/2025), ma non ha tratto le conseguenze logiche di tale affermazione in termini di allargamento dell’accesso alle tecniche.
Sul piano dell’efficacia normativa, i divieti si rivelano sistematicamente aggirati attraverso il ricorso a ordinamenti più permissivi, vanificando gli obiettivi di tutela etica che il legislatore si proponeva di raggiungere.
Sul piano delle politiche demografiche, la restrizione dell’accesso alla PMA contrasta frontalmente con l’esigenza di contrastare il declino demografico, creando un cortocircuito tra obiettivi dichiarati e strumenti normativi adottati.
Le Prospettive di Riforma: Verso un Approccio Più Equilibrato
L’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni suggerisce l’opportunità di una revisione organica della normativa in materia di PMA. La progressiva demolizione dell’impianto originario della legge 40/2004 da parte della Corte Costituzionale ha creato un sistema frammentario che richiede un intervento legislativo sistematico.
Una riforma coerente dovrebbe considerare i seguenti aspetti:
L’ampliamento dei requisiti soggettivi per l’accesso alle tecniche, includendo le donne single e le coppie omosessuali, in linea con gli standard europei e con l’evoluzione sociale del concetto di famiglia.
La revisione del regime sanzionatorio per la maternità surrogata, distinguendo tra forme commerciali e altruistiche, e eliminando la perseguibilità extraterritoriale che crea discriminazioni irragionevoli.
L’introduzione di meccanismi di sostegno economico per l’accesso alle tecniche di PMA, al fine di ridurre le discriminazioni basate sulle disponibilità economiche e contrastare il turismo procreativo.
Il coordinamento con le politiche demografiche, riconoscendo nella PMA uno strumento complementare per il sostegno alla natalità e alla crescita demografica.
Conclusioni: Verso una Legislazione Coerente
Le contraddizioni evidenziate dalle recenti pronunce della Corte Costituzionale non sono episodiche, ma riflettono un approccio sistemico incoerente che sacrifica l’efficacia normativa sull’altare di un moralismo selettivo. Il risultato è un sistema che non protegge i valori etici che dichiara di tutelare, discrimina i cittadini in base alle loro possibilità economiche e contribuisce paradossalmente al declino demografico che dovrebbe contrastare.
È tempo che il legislatore italiano affronti con coraggio e pragmatismo la revisione di una normativa ormai inadeguata ai tempi, allineandosi agli standard europei e alle esigenze concrete dei cittadini. Solo attraverso un approccio più equilibrato sarà possibile conciliare la tutela dei diritti individuali con le esigenze di sostenibilità demografica, evitando le contraddizioni che oggi caratterizzano un sistema giuridico sempre più distante dalla realtà sociale che dovrebbe regolamentare.
La sfida è complessa ma ineludibile: costruire una legislazione sulla procreazione medicalmente assistita che sia coerente nei principi, efficace negli strumenti e rispettosa della dignità e dei diritti di tutti i soggetti coinvolti. Una sfida che richiede il superamento di pregiudizi ideologici e l’adozione di un approccio pragmatico, orientato al benessere concreto delle persone e alle esigenze di sviluppo del Paese.