RICHIESTA DI DISTRAZIONE DELLE SPESE E PATROCINIO A SPESE DELLO STATO
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In un giudizio civile, l’avvocato che difendeva la parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello stato aveva concluso il proprio ricorso introduttivo chiedendo la distrazione delle spese di lite, ovvero la condanna della controparte a pagare le spese di giudizio direttamente al difensore.

Il Giudice del Tribunale di Santa Maria Capua aveva revocato tuttavia l’ammissione al gratuito patrocinio della parte, ritenendo che la richiesta di distrazione delle spese, avanzata dal difensore, aveva comportato la rinuncia al beneficio.

Il provvedimento era stato reclamato però dal difensore (ai sensi dell’art. 170 del DPR 115/2002), ed il Tribunale aveva riformato il decreto, ma sul presupposto che la richiesta di distrazione proposta nel ricorso, non era stata poi successivamente reiterata nel corso del giudizio, sicché essa doveva intendersi come rinunciata, e quindi non più ostativa alla permanenza del beneficio del patrocinio a spese dello stato.

A questo punto era stato il Ministero della Giustizia ad impugnare l’ordinanza di riforma, sottoponendo la questione alla Corte di Cassazione civile, la quale ha deciso la questione in camera di consiglio, depositando la sentenza n. 29746 del 12.10.2022.

Secondo la tesi sostenuta dal Ministero, l’ammissione determinerebbe l’instaurazione di un rapporto diretto tra l’avvocato e lo Stato e, quindi, l’impossibilità del medesimo difensore di ottenere il pagamento di compensi dal cliente o dalla controparte soccombente, essendo pertanto incompatibile con la richiesta di distrazione, che, nel caso in esame, non sarebbe stata affatto ritirata in corso di giudizio.

I giudici di legittimità hanno espresso, invece, il convincimento contrario, negando innanzitutto la possibilità che il contegno processuale del difensore costituito possa causare la decadenza dal beneficio del gratuito patrocinio.

Infatti, il patrocinio a spese dello Stato è diretto ad assicurare l’effettività del diritto di difesa costituzionalmente garantito, sicché la parte assistita – formulando la richiesta di ammissione – esercita un diritto proprio, che resta nella sua esclusiva disponibilità e che non è condizionato dalle scelte processuali dell’avvocato.

In tal senso, peraltro, si era espressa anche una recente pronuncia della stessa Cassazione a sezioni unite (Cass. S.U. 8561/2021), che aveva chiarito che il beneficiario del provvedimento di ammissione non è il difensore ma la parte non abbiente, che proprio perciò deve proporre personalmente la richiesta, e non è tenuta a reiterarla in caso di revoca del mandato al legale.

Il difensore, essendo privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, non può rinunciare al diritto soggettivo all’assistenza dello Stato per le spese del processo: tale rinuncia può provenire solo dal titolare del beneficio e non è mai conseguenza della mera richiesta del legale di distrazione delle spese in suo favore.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha correttamente ribadito che la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato costituisce una misura prevista e consentita nelle sole ipotesi tassativamente individuate dall’art. 136 D.P.R. 115/2002 – norma eccezionale, e come tale non applicabile analogicamente – tra cui non è compresa la richiesta di distrazione delle spese.



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