LA COMMESSA OFFENDE IL CLIENTE PUO’ ESSERE LICENZIATA
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E’ il 23 dicembre, e nel centro commerciale c’è ressa per gli acquisti dei regali natalizi. Uno dei negozi più affollati è quello degli articoli elettronici, in cui un cliente ha la sfortuna di rivolgersi ad una commessa particolarmente stressata. In breve tempo lei perde il controllo, e si rivolge all’avventore in modo grevemente scortese, con un’espressione volgare.

Il cliente allora, irritato dall’insolenza della lavoratrice, decide di lasciare l’esercizio senza aver completato l’acquisto.

La direzione del negozio, venuta a conoscenza dell’episodio, commina così alla dipendente la sanzione disciplinare del licenziamento per giusta causa. Il provvedimento espulsivo viene però impugnato dalla lavoratrice, e la Corte di Appello di Brescia accoglie il ricorso annullando il licenziamento.

Ma la società datrice di lavoro propone ricorso innanzi la Corte di Cassazione sostenendo la adeguatezza della sanzione disciplinare rispetto alla gravità del comportamento contestato sul piano oggettivo, dal momento che un addetto alle vendite ha l’obbligo di instaurare con la clientela una relazione secondo uno standard di cortesia superiore a quello ordinario.

Di segno opposto la tesi sostenuta dalla lavoratrice, secondo cui doveva essere considerato il suo comportamento pregresso, sempre corretto ed ossequioso, sicché l’episodio dell’espressione offensiva utilizzata non poteva essere ritenuto grave, tenuto anche conto del fatto che esso era rimasto isolato, e che non era stato notato dagli altri compratori presenti presso il punto vendita o dai colleghi.I giudici della Cassazione, esaminata la vicenda, con la sentenza n. 13774 del 2 maggio 2022, hanno respinto il ricorso della datrice di lavoro, annullando definitivamente il licenziamento comminato alla commessa.

Secondo la Corte, tenendo conto delle disposizioni del contratto collettivo di settore, la violazione dalla lavoratrice dell’obbligo di usare modi cortesi col pubblico non poteva essere qualificata, nel contesto del fatto accertato, come grave, sicché, la sanzione disciplinare corretta non doveva essere quella espulsiva del licenziamento disciplinare senza preavviso.

Per gli ermellini doveva essere invece considerata adeguatamente l’assenza di precedenti disciplinari, e nonostante la natura indubbiamente greve dell’espressione usata, la corretta applicazione del principio di proporzionalità o di adeguatezza della sanzione dell’illecito, da parte del giudice di merito.

E’ stata anche esclusa la possibilità che alla lavoratrice venisse riconosciuta solo un’indennità risarcitoria e non già la reintegra nel posto di lavoro.Secondo la Corte, il comportamento non grave della lavoratrice, di violazione dell’obbligo di usare modi cortesi col pubblico, può essere ricondotto alla disciplina dell’ipotesi, prevista dall’art. 220, secondo comma del CCNL, del lavoratore che “esegua con negligenza il lavoro affidatogli”, con la conseguente applicazione della sanzione conservativa della multa, nei limiti di attuazione del principio di proporzionalità della punizione disciplinare.


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